Depenalizzazione a seguito del D.L 25 marzo 2020 n.19

Con il D.L. 25 marzo 2020 n.19 il legislatore ha disposto una depenalizzazione delle violazioni alle prescrizioni previste nei Dlgs, DPCM, Ordinanze e Circolari emessi.

Decreto Cura Italia: commenti in tema di giustizia penale

28/03/2020

All’art. 4 è infatti prevista la depenalizzazione delle condotte contrarie al rispetto delle misure di contenimento.

Salvo che il fatto non costituisca reato, chiunque violerà le disposizioni vigenti non incorrerà in un illecito penale ex art. 650 c.p., bensì si troverà a corrispondere una somma variabile tra 400 euro e 3.000 euro a titolo di sanzione amministrativa.

Questo, ferme restando le sanzioni penali per i soggetti che positivi al COVID 19 violino il dovere dell’autoisolamento.

Si precisa che se il mancato rispetto delle predette avverrà mediante l’utilizzo di un veicolo, la sanzione amministrativa sarà aumentata fino a un terzo.

Al comma 2 dell’art. 4 è prevista una sanzione accessoria per le attività commerciali: nei casi di cui all’articolo 1, comma 2, lettere i), m), p), u), v), z) e aa), potrà inoltre essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni.

In caso di reiterata violazione della medesima disposizione, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima.

L’innovazione tuttavia la riscontriamo nell’ultimo comma dell’art.4, ove viene prevista la retroattività della norma: sono depenalizzate non solo le condotte successive all’entrata vigore del predetto Decreto ma anche con riguardo a quelle antecedenti, già commesse e contestate anteriormente all’entrata in vigore del D.L. 25 marzo 2020. Il pagamento avverrà nella misura ridotta a norma della legge n. 689 del 24.11.81

Tali sanzioni verranno irrogate dal Prefetto.

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Il reato di falso nelle autodichiarazioni

Di fronte a questa depenalizzazione, resta ferma invece la possibilità di incorrere in un reato di falso.

Il D.P.C.M. 22 marzo 2020 ha rimodulato le indicazioni relative alle misure per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, restringendo ulteriormente le circostanze che legittimano gli spostamenti al di fuori della propria abitazione.

Sarà dunque lecito spostarsi da un luogo all’altro solo in caso comprovate esigenze lavorative, di esigenze di assoluta urgenza e motivi di salute.

È abolita la previsione, contenuta nell’art. 1 comma 1 lett. a) del D.P.C.M. 8 marzo 2020, che garantiva comunque il rientro nel luogo di domicilio, abitazione o residenza.

Rimane il divieto assoluto di uscire dalla propria abitazione per chiunque sia stato posto in quarantena, condotta che potrebbe comportare la condanna sino a 12 anni di detenzione per il delitto di procurata epidemia colposa.

A seguito altresì del D.L. 25 marzo 2020 n.19, vi è stato un conseguente aggiornamento del modello di autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 d.p.r. n. 445/2000, da compilare per motivare lo spostamento delle persone fisiche.

Il nuovo modello, scaricabile dal sito del Ministero dell’Interno, dovrà essere compilato, per poi essere controfirmato al momento del controllo dalle forze dell’ordine che avranno accertato l’identità del cittadino. Le autocertificazioni potranno essere verificate a posteriori dalle stesse autorità. Nel caso non si abbia una stampante lo si può ricopiare a mano: non sono validi pdf, fotografie sul telefonino in quanto il documento deve essere controfirmato dagli agenti, dai vigili, dal pubblico ufficiale che richiede l’autodichiarazione.

Rimane il dubbio di quale reato possa configurarsi nel caso in cui le dichiarazioni rese siano false.

La strada della falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale, prevista e punita dall’art. 495 del codice penale con la reclusione da 1 a 6 anni, pare percorribile solo ed esclusivamente in riferimento alla prima parte dell’autodichiarazione. Si commette reato ex art. 495 c.p. nel caso in cui le dichiarazioni mendaci siano circa l’identità della persona: qualora ad esempio Tizio scriva di essere Caio.

Vi è dubbio, altresì, circa la configurabilità del falso in atto pubblico commesso dal privato, previsto e punito dall’articolo 483 del Codice penale con la reclusione fino a due anni, poiché si tratterebbe di reato che riguarda “i fatti di cui l’atto è destinato a provare la verità”, circostanze che non pare calzante al caso di specie.

In questo senso giova il richiamo agli artt. 46 e 47 DPR 445/2000, inserito nell’intestazione del modello di autocertificazione. Ai sensi dell’art. 76 della medesima normativa, le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi dei citati articoli sono considerate come fatte a un pubblico ufficiale e, pertanto, potrebbero essere punite con la reclusione fino a due anni.

Resta aperto, per altro, l’annoso tema dei delitti di falso ed il principio nemo tenetur se detegere, in forza del quale nessuno può essere costretto ad autoincriminarsi. In altre parole, la motivazione falsa potrebbe essere scriminata e, pertanto, non punita, per il fatto che viene addotta per evitare una contestazione da parte dell’Autorità.

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